Lucere in black installazione permanente di Pao Atelier presso il Black Hotel, 2006 Roma
” Ci avevano incuriosito con la architettura-scultura che caratterizza Lfo, (acronimo di lungofoglia) locale costruito in ferro e vetro su una geometria perfetta che tuttavia allude al movimento. Il progetto è firmato Pao Atelier d’arte, ovvero da una coppia di artisti- architetti,che interpretano gli spazi attraverso una logica che tiene conto di diversi fattori: arte, filosofia, architettura, letteratura, ambiente. Così da avvicinare il più possibile il concetto di arte a quello di architettura e dunque alla vita quotidiana. Silvia Caringi e Omar Toni, questi i loro nomi, hanno realizzato di recente una installazione permanente per un nuovo Black Hotel di Roma, suscitando ancora molto interesse. Infatti anche in questo affascinate progetto, i due architetti hanno lavorato su un elemento naturale, il carbone, relazionandolo al colore nero dell’hotel. Il carbone in questo caso, è divenuto materia, veicolo di emozioni, elemento di interscambio tra spazi e dunque tra esperienze. L’altro elemento fondamentale è senz ‘altro il vetro, la sua trasparenza, il suo riflettere e rivelare. L’installazione “Lucere in black “, richiama strutturalmente l’idea dell’Lfo, infatti anche in questo caso le pareti sono sfalsate e costruite come fossero sandwich di vetro, contenti frammenti di carbone cok e montati su profili di ferro. Il risultato è una sorta di scultura che allude all’architettura. Un progetto che risveglia l’interesse grazie alla modulazione tonale che le pareti cristalline sanno donare e grazie soprattutto al potere onirico e immaginifico attribuito all’uso del carbone. L’immagine di questa installazione rimanda all’idea del colore nero che non è trattato solo come “colore” ma come motivo di mutazione, come elemento in evoluzione cromatica e poetica. Potremmo parlare di concetto di essenza e non sarebbe nulla di nuovo se si trattasse di una semplice scultura, ma qui l’idea e molto più complessa e affascinante, in quanto sottende contemporaneamente a molte delle discipline artistiche conosciute, senza tuttavia identificarsi troppo con una di esse in particolare. Si potrebbe pensare ad una installazione del “vivere” nel quotidiano, oppure ad una struttura poetica, fuori dai canoni del razionale ma molto vicina a quelli dell’emotività.” Il Messaggero Pesaro, dicembre 2005, Roberta Ridolfi